Cosa vuol dire “brain rot”: la parola dell’anno 2024 che riflette l’impatto del consumo digitale sulla nostra mente

Brain rot, parola dell’anno 2024, riflette l’intorpidimento mentale causato dal consumo eccessivo di contenuti digitali banali.

Il termine brain rot è stato scelto come parola dell’anno 2024 dall’Oxford Dictionary, una decisione che riflette profondamente le dinamiche della nostra era digitale.

Letteralmente traducibile come “cervello marcio,” questa espressione è entrata nel linguaggio comune per descrivere un fenomeno legato al consumo eccessivo di contenuti banali o poco stimolanti, tipico del mondo iperconnesso in cui viviamo.

Definizione e significato

L’Oxford Dictionary definisce brain rot come “Il presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, spesso considerato il risultato del consumo eccessivo di materiale (in particolare di contenuti online) considerato banale o poco stimolante”. 

In sostanza, il termine richiama uno stato di intorpidimento mentale causato dall’assorbimento continuo e passivo di contenuti online, come video brevi e ripetitivi, meme, post sui social media, e altre forme di intrattenimento digitalizzato.

Il concetto non si limita a una descrizione ironica o colloquiale ma cattura una preoccupazione più ampia sui possibili effetti negativi di una dieta mediatica poco nutritiva per il cervello.

Origini e evoluzione del termine

Nonostante il significato attuale sia intrinsecamente legato all’era digitale, il termine brain rot ha origini ben più antiche. La sua prima occorrenza documentata risale infatti al 1854, utilizzato in contesti che facevano riferimento al declino delle capacità mentali per cause come malattie o mancanza di stimoli intellettuali.

Il passaggio al significato moderno è avvenuto con l’esplosione della cultura digitale e l’ascesa di piattaforme come TikTok, Instagram e YouTube, che hanno reso il consumo di contenuti un’attività pervasiva e costante.

Negli ultimi anni, il termine è diventato particolarmente popolare tra le Generazioni Z e Alpha, le principali creatrici e consumatrici di questi contenuti.

Un fenomeno della cultura digitale

La scelta di brain rot come parola dell’anno evidenzia una tendenza culturale che merita attenzione: il rapporto sempre più complesso tra gli esseri umani e la tecnologia.

L’espressione riflette la sensazione diffusa che il sovraccarico informativo e la sovraesposizione a contenuti poco significativi possano inibire la capacità di concentrazione, approfondimento e creatività.

Studi scientifici hanno spesso discusso gli effetti di una fruizione eccessiva di contenuti digitali, associandoli a riduzioni della capacità di attenzione e all’aumento di stress e ansia. In particolare, i formati brevi e accattivanti tipici dei social media, progettati per catturare e trattenere l’attenzione degli utenti, sembrano essere tra i principali responsabili del fenomeno.

Un termine generazionale

Ciò che rende brain rot un fenomeno interessante è il suo radicamento tra i giovani. La Generazione Z, cresciuta in simbiosi con la tecnologia, utilizza il termine in modo sia ironico che autocritico. Esso diventa un modo per descrivere il senso di alienazione e di svuotamento mentale che spesso accompagna lunghe sessioni di scrolling sui social.

Da un lato, brain rot esprime una consapevolezza critica, il riconoscimento del fatto che non tutto il consumo digitale è positivo. Dall’altro lato, il termine è diventato un elemento del linguaggio colloquiale, integrandosi nei meme e nei discorsi quotidiani, quasi come una forma di autoironia che ne minimizza le implicazioni.

Le implicazioni di una scelta linguistica

La decisione dell’Oxford Dictionary di selezionare brain rot come parola dell’anno non è solo un riconoscimento linguistico, ma anche un messaggio sulla direzione della nostra cultura. La scelta mette in evidenza un fenomeno globale che solleva domande cruciali sul prezzo del nostro consumo digitale.

Brain rot rappresenta molto più di una moda linguistica, è un termometro culturale che misura il nostro stato mentale nell’era digitale. La sua scelta come parola dell’anno 2024 da parte dell’Oxford Dictionary invita a riflettere su come consumiamo informazioni e sul modo in cui possiamo riequilibrare le nostre vite digitali per evitare di soccombere alla “marcescenza del cervello”.