Si parla sempre delle città migliori in cui vivere, ma mai di quelle peggiori: ecco dunque le cinque città meno vivibili del nostro Paese.
Lo scorso lunedì 1° dicembre è stata pubblicata da Sole 24 Ore la loro classifica annuale sui territori più vivibili in Italia nel 2025.
Il documento è un punto di riferimento chiave, perché misura la qualità della vita sulla base di dati derivanti da fonti ufficiali, come enti pubblici, istituti di ricerca e così via.
La classifica, che analizza 107 province italiane, si basa su ben 90 indicatori statistici, riassumibili nelle seguenti macrocategorie: Ricchezza e Consumi; Affari e Lavoro; Demografia e Società; Ambiente e Servizi; Giustizia e Sicurezza; e infine Cultura e Tempo Libero.
Al primo posto troviamo, confermata sul podio per tre anni di fila, la provincia di Trento; a seguire invece Bolzano, anch’essa familiare con la cima della classifica, e infine Udine, con un’incredibile impennata proprio negli ultimi tre anni.
Chi sta però al lato opposto della classifica?
Purtroppo, l’ultimo posto si riconferma anche quest’anno per Reggio Calabria, preceduta da Siracusa, Crotone, Napoli e Caltanissetta.
Andiamo dunque a scoprire perché si tratta delle cinque province più invivibili d’Italia.
Quasi tutte le ultime posizioni sono purtroppo ricoperte da città del Meridione, riconfermando purtroppo anche per quest’anno quel gap storico con la parte settentrionale del Paese.
Queste cinque città hanno raggiunto punteggi estremamente bassi in quasi tutte le categorie sopracitate, ma chi ha fatto meno è sicuramente Reggio Calabria, che accumula un totale di 394 punti, in confronto ai 648,7 punti di Trento.
La provincia si posiziona ultima in ben 27 su 90 parametri utilizzati dal Sole 24 Ore, un dato significativo, sentinella di disagi importanti all’interno della provincia. Le macroaree in cui è più carente sono quelle del lavoro, dell’economia e dei servizi, con tassi di occupazione bassissimi, opportunità economiche ridotte e un’inflazione locale raddoppiata rispetto a quella nazionale. Ma pecca anche in società, demografia, salute e benessere generazionale.
Va male anche per Napoli, che arriva penultima tra le 107 province per Ricchezza e Consumi, ma raggiunge punteggi minimi anche per le categorie di Ambiente e Servizi, e Giustizia e Sicurezza. Sembra essere però in una possibile situazione di miglioramento, avendo guadagnato due posizioni rispetto al 2024.
Situazione difficile anche per le ben due province siciliane nella bottom-five: Siracusa si classifica all’ultimo posto per il trend PIL pro capite, mentre Caltanissetta è ultima sia nei settori di Demografia e Società che in Cultura e Tempo Libero.
Qualche nota positiva: il documento ovviamente calcola aritmicamente la media tra i vari punteggi nelle diverse macroaree, quindi pure risultati buoni in qualche categoria vengono completamente obliterati da quelli negativi.
Napoli ad esempio si classifica 37esima per Cultura e Tempo Libero. Siracusa addirittura al secondo posto per ore di sole, e Reggio Calabria 38esima in Giustizia e Sicurezza.
Inoltre si deve tenere in considerazione che questa è solo una classifica di dati oggettivi: elementi come senso di comunità, paesaggio e patrimonio culturale sono difficili da misurare, motivo per cui non vengono inclusi, ma nonostante ciò possono comunque fare un’importante differenza sulla qualità di vita dei cittadini.
Insomma, l’importante ad ogni modo non è chi arriva primo o ultimo, ma arrivare un giorno ad avere una classifica dove il divario tra i due sia quasi impercettibile.
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