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Essere una scuola cattolica non autorizza alla discriminazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, ultimo grado della giustizia italiana, esprimendosi sul caso di una professoressa che ha portato in tribunale la sua ex scuola, l’Istituto Sacro Cuore di Trento.

Nel 2014 l’istituto non ha rinnovato il contratto in scadenza della docente, facendole capire che a bloccare il rinnovo erano alcune voci sul suo orientamento sessuale. “Sono stata convocata dalla madre superiore a contratto scaduto. Mi ha domandato del mio orientamento sessuale perché secondo lei giravano le voci che io avessi una compagna. E voleva che le dicessi se era vero” ha raccontato l’insegnante al Corriere della sera.

Il Corriere ha allora contattato la madre superiora, che non ha negato. Anzi, ha affermato di aver agito per “tutelare l’ambiente scolastico” e per preservare le caratteristiche della sua scuola cattolica. La giustizia, tuttavia, non ha ritenuto queste ragioni valide.

Nel 2016, infatti, l’Istituto Sacro Cuore è stato condannato in primo grado a risarcire la docente per la discriminazione subìta. Sentenza confermata – anzi, inasprita – nel 2017 in Appello. Ora, con la decisione della Cassazione, la condanna è definitiva, a meno che la scuola non voglia appellarsi alla Corte Europea di Strasburgo.

L’avvocato della professoressa, Alexander Schuster, è soddisfatto. “La Corte di Cassazione ha rigettato completamente il ricorso dell’istituto e ha ribadito ciò che aveva già stabilito la Corte d’Appello e cioè che l’essere una scuola religiosa che vuole tenere fede alla sua missione non giustifica nessuna discriminazione” ha detto a Il Post. “È una sentenza che fa giurisprudenza per il diritto italiano che, su questi temi, era fermo agli anni Novanta”.