“Non abortire in caso di stupro”: l’idea shock di una giovane di Vox, il partito alleato della Meloni

“Se una donna viene violentata, il bambino non ha colpa. Pensi che il modo di aiutare quella donna sia di farle uccidere il suo bambino?”. A pronunciare queste parole è stata Elsa Alameda, giovane attivista del partito spagnolo di estrema destra Vox, alleato di Fratelli d’Italia (FdI) al Parlamento europeo.

Invitata qualche giorno fa in un programma dedicato alla politica giovanile, su una televisione privata catalana, Alameda ha ribadito più volte la sua opinione. Per lei, l’aborto è un “omicidio intrauterino“. Il conduttore le ha chiesto se fosse sicura e se si rendesse conto di quello che stava dicendo, ma lei non ha ritrattato.

Anzi. Non soddisfatta, la ragazza ha chiesto che il programma mostrasse agli spettatori una foto di un feto di 14 settimane, per sostenere le sue posizioni antiabortiste.

Le parole della giovane attivista hanno sollevato un vespaio di polemiche che, sui social, sono andate fuori controllo. Alameda, quindi, è finita al centro di una vera e propria shitstorm e ha subito pesanti insulti e minacce alla sua famiglia. Questo ha poi generato una reazione opposta, spingendo molti utenti a esprimerle solidarietà attraverso l’hashtag #TodosSomosElsa, ieri in tendenza su Twitter in Spagna.

Le frasi di Alameda contro l’aborto in caso di stupro sono in linea con le posizioni del suo partito. Più volte, infatti, Vox si è opposto al diritto delle donne all’interruzione volontaria di gravidanza. Ad esempio, in estate Vox ha votato contro il rapporto Matic, ovvero la risoluzione del Parlamento europeo che definisce l’aborto come un diritto fondamentale.

E Fratelli d’Italia?

Anche il partito di Giorgia Meloni, che fa parte dello stesso eurogruppo di Vox (Conservatori e Riformisti Europei – ECR), si è opposto al rapporto Matic.

Inoltre, in Italia, in alcune regioni a guida centrodestra il diritto all’aborto ha subìto delle limitazioni. L’Umbria, ad esempio, governata dal 2019 da Donatella Tesei (Lega), lo scorso anno ha revocato la possibilità di ricorrere all’aborto farmacologico in regime di day hospital.

Per quel che riguarda, più nello specifico, Fratelli d’Italia, alcuni dei suoi membri hanno preso parte agli eventi della Onlus Pro Vita e Famiglia, un’associazione cattolica e radicalmente antiabortista, assurta agli onori delle cronache per le sue campagne pubblicitarie al limite della fake news. Tra queste, ad esempio, quella che definiva la pillola RU-486 “un veleno”.

Meno esplicite le prese di posizione di Giorgia Meloni, la quale, ospite lo scorso anno a Tagadà su La7, ha formalmente difeso la legge 194, ma ha parlato dell’aborto come di una “sconfitta per la società” piuttosto che come di una libera scelta.  Del resto, che Meloni strizzi l’occhio al mondo antiabortista – o Pro Vita, come loro si definiscono – è chiaro fin dall’incipit del suo libro Io sono Giorgia (Rizzoli, 2021). Qui Giorgia Meloni comincia a raccontarsi fin proprio dall’inizio, cioè dalla sua nascita, il 15 gennaio 1976, possibile grazie a una precisa scelta di sua madre: non abortire.

 

 

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