Nucleare in Val Padana? L’opinione (tutt’altro che ottimista) del Premio Nobel

Giorgio Parisi, Nobel per Fisica 2021, dice no al nucleare in Italia: “Una Chernobyl in Val Padana farebbe milioni di morti”.

Lo scienziato e ricercatore italiano mostra apertamente le sue remore per quanto concerne il tema del nucleare nel nostro Paese.

Il commento riguarda quanto emerso durante il G20, tenutosi a Roma domenica 31 ottobre: tra le tematiche affrontate, anche quella del cambiamento climatico.

Si è infatti raggiunta un’intesa sul contenimento del riscaldamento globale entro 1,5 gradi ma “ma una cosa è dirle queste cose, un’altra è stabilire concretamente una serie di misure da affrontare, una road map”.

Parisi, pertanto, non dice “NO” al nucleare a priori, chiede però una precisa pianificazione supportata da dati e ricerche ben precise. A suo dire, la questione fondamentale è diversificare i vari casi specific, ragionando anche da un punto di vista geografico.

“Una centrale nucleare in una zona deserta della Cina non può essere paragonata a una in Val Padana”, aggiunge il premio Nobel.

Emissioni zero? Un’illusione senza un piano

Lo studiosi dei sistemi complessi, in merito ad un possibile ritorno al nucleare, ha tirato in ballo la questione della transizione energetica. 

Nella valutazione Paese per Paese, proposta da Parisi, l’Italia sarebbe da escludere a priori: è troppo densamente abitata per istallare nuove centrali nucleari.

La sua opinione, pertanto, si distanzia di molto da quella del ministro Roberto Cingolani, che si è detto estremamente favorevole al passaggio.

Ha addirittura proposto l’installazione impianti nucleari a fissione di quarta generazione, che, almeno sulla carta, sarebbero più sicuri.

Il commento di Parisi in merito è stato il seguente: “Adesso esistono solo prototipi che devono dimostrare la loro qualità; tuttavia sono sempre da escludere dove vive la gente”.

Il ricercatore è tutt’altro che ottimista sul raggiungimento della neutralità energetica entro il 2050.

“Quando al Cern decidono di costruire un nuovo acceleratore da accendere vent’anni dopo si comincia a stabilire di anno in anno che cosa disporre”.

Sembra proprio che il rapporto danni-benefici non convinca Parisi.