“Al contrario dei vestiti tradizionali, che sono statici, Primrose mi permette di cambiare il mio look in un secondo“.
Christine Dierk apre con queste parole la presentazione di Primrose, il progetto targato Adobe, la software house statunitense che per la prima volta ha fatto il suo ingresso nel campo della moda.
Christine, laureata in scienze informatiche e in matematica, inizia a far parte del team di Adobe come ricercatrice dopo la specializzazione nel settore dei wearable, dispositivi indossabili spesso collegati a sensori utili per il monitoraggio dell’attività fisica.
Secondo la definizione della designer Sabine Seymour si tratterebbe di “indumenti e accessori progettati che combinano estetica e stile con tecnologia funzionale” riassumendo perfettamente il connubio tra moda e tecnologia che questi tipi di dispositivi incarnano.
Primrose in realtà non è l’unico progettato della ricercatrice, prima di questo aveva creato dei cappelli interattivi, basati su un meccanismo di integrazioni dei capelli umani con circuiti in grado di cambiarne l’aspetto in modo impressionante.
Questa volte ha deciso di stupire tutti, salendo sul palco con un abito dal tessuto rigido e dai colori argentati che cambiava design ad ogni suo click.
Inutile dire che il pubblico ne è rimasto entusiasta, tuttavia non è stata questa la cosa che ha destato lo shock maggiore.
Nessuno infatti si sarebbe aspettato che l’abito non cambiava solamente la fantasia ma diventava addirittura dinamico, muovendosi coordinatamente a quanto faceva Christine.
La sensazione era quella di star cambiando outfit come se si stesse usando semplicemente un filtro Instagram, ma quale è la spiegazione tecnica alla base di tutto ciò?
La tecnologia alla base del progetto e le prospettive future
Project Primrose utilizza una sorta di “tecnologia intelligente“, è infatti rivestito da una serie di “squame” collegate a sensori che si attivano in base a un click da un computer o alla semplice rilevazione di un movimento. Tali sensori permettono al vestito non solo di cambiare design e colore, in particolare grazie a una speciale composizione di un vetro liquido disperso in polimero con schienale riflettente sparso all’interno delle squame.
Se si continua a investire su progetti di tale portata probabilmente tra qualche anno non sarà neanche più necessario acquistare abiti nuovi, ma semplicemente, come accade con l’App Store, potremo scegliere gli outfit dei nostri designer preferiti in una piattaforma apposita. In questo modo si potrebbero evitare gli sprechi che adesso sono sempre più frequenti nel mondo del fast-fashion, generando un grande impatto per la tutela ambientale.
Tale tipo di tecnologia potrebbe essere rivoluzionaria non solo nel campo tessile ma anche in altri tipi di settori e industrie, in quanto si presenta come una novità altamente futurista e diversa da ciò che siamo abituati a vedere. Ad esempio lo stesso meccanismo alla base dell’abito potrebbe essere utilizzato per i cartelloni pubblicitari a basso consumo che mostrino immagini e messaggi con testi sempre differenti.
Christine, dopo aver rivelato di aver cucito ella stessa l’abito, ha così affermato: “La moda non deve essere statica, può essere dinamica e persino interattiva“.
Uno strumento che apre dunque le porte all’immaginazione e ci avvicina a un mondo in cui tutti potremmo essere i designer dei nostri stessi abiti, senza che avremo bisogno di corsi di cucito o studi di fashion. Creatività e fantasia saranno abbastanza.
Di seguito le incredibili immagini